E’ il ruggito di Nole Djokovic a chiudere gli Internazionali BNL d’Italia. E’ la stessa conclusione degli altri sei tornei da lui disputati quest’anno. Semplicemente, il serbo ha fatto dimenticare agli avversari come si vincono le partite contro di lui. Ed è Nadal a pagarne le conseguenze più pesanti, in termini di morale e probabilmente a breve, classifica. Viene sconfitto col punteggio di 64 64 in 2 ore e 12 minuti, per la seconda volta in 8 giorni.
Mancano ancora 3 vittorie per eguagliare il record di John McEnroe di 42 vittorie, ottenute dal gennaio dell’84 alla finale del Roland Garros. Ma questa è già, per i modi, per gli avversari battuti, il peso delle vittorie, il miglior avvio di stagione dell’Era Open.
L’impressione netta, prima e durante la finale, è stata che quella di oggi fosse per Nadal una partita fondamentale. Il numero 1 del mondo era chiamato a una dimostrazione di forza e di legittimazione, contro un avversario che avrebbe dovuto risentire delle fatiche della serata precedente.
Invece lascia Roma battuto, per la seconda volta in sette anni. Se nel 2008 erano solo le vesciche a fare male, questa volta la ferita potrebbe essere più profonda.
In quella che era la quarta finale Masters 1000 di questo 2011 tra gli stessi due contendenti, evento inedito nella storia dell’ATP, la tensione è palpabile fin dall’avvio. Lo si capisce anche dall’esitazione che coglie Nole quando deve scegliere di iniziare servendo e dalla seguente curiosa decisione di Rafa di cambiare campo.
L’elettricità percorre un primo set nervoso, dall’andamento anomalo. Nei sette giochi d’apertura non si vede l’ombra di una palla break. I primi minuti scorrono senza scossoni, e il primo punteggio delicato arriva sul 2-2 30-30, a cui si arriva quando Nole mette malamente in corridoio un elementare smash a rimbalzo. Il serbo è bravo a mantenere la calma e vince senza fretta un punto importante. Il pubblico è decisamente dalla parte del serbo, e lo carica a molla quando tiene il servizio al settimo game. Nadal va a servire sotto 3-4, e inizia con un errore. Nole fiuta la difficoltà dell’avversario, lo pressa e lo costringe all’errore, per 4 volte.
E’ il primo di tre break consecutivi che decidono il primo set. Come la scorsa settimana, il serbo non riesce a chiudere il parziale al primo tentativo: si fa prendere dalla fretta e con quattro errori consecutivi regala il contro break. Ma Nadal non è ancora al meglio, e lo si capisce proprio nel momento in cui sfruttare l’esitazione dell’avversario. Sul 5-4 30-30 la tensione si taglia a fette: Nadal prende l’iniziativa, spinge e attacca. Ma Djokovic si traveste da Nadal, si difende e poi gira lo scambio a suo favore. Rafa cede e manda l’avversario a set point. Nole risponde alla grande e chiude con uno dei suoi rovesci dalla precisione chirurgica e letale. L’esultanza è scomposta e quasi volgare, ma fa parte del suo personaggio.
Nel secondo set il livello della partita cala in modo sensibile. Nadal sembra in crisi, e sull’1 a zero perde il terzo servizio consecutivo. Col rovescio il maiorchino non solo non riesce a fare male, ma è spesso costretto a una palla di contenimento lenta e alta che arriva poco al di là della metà campo dell’avversario. Nole passa quindi subito al comando, ma di nuovo non riesce ad assestare il colpo definitivo con il servizio. Rafa rientra più per demeriti dell’avversario che per meriti propri, dopo che il serbo manca altre due palle break. Finalmente, dopo cinque break nell’arco di sei giochi, la partita torna a seguire la regola del servizio. Si arriva sul 4-4 15-30. Sembra, ed è, il definitivo spartiacque della partita, quello che Rafa deve provare a superare per farla girare a proprio favore. Invece il serbo pesca a piene mani nell’immenso serbatoio di fiducia che ha riempito in questi mesi e con tre vincenti nei successivi cinque punti si porta a un game dalla vittoria.
Rafa, semplicemente, crolla sotto il peso dei colpi di Nole e della pressione. Va sotto 0-40, rientra caparbiamente fino alla parità. Ma i successivi due punti, e il torneo, sono dell’avversario, che chiude dopo due deviazioni del nastro che mozzano il fiato di tutto il Centrale. Il serbo si sdraia a terra scosso da un’esultanza liberatoria.
Poco dopo, nella premiazione condotta come di consueto da Lea Pericoli, Rafa ringrazierà il pubblico romano in un sorprendente italiano: “Questo posto per me è speciale”, dice. C’è da credergli.
Anche Djokovic parla italiano, per la gioia dei 10.000 del Centrale. E’ il suo venticinquesimo titolo in carriera, il suo nono Masters 1000. E’ anche il suo secondo titolo a Roma, dopo quello del 2008. ma sono tutte cose che passano in secondo piano, all’ombra della mostruosa striscia di 39 vittorie consecutive, 37 delle quali in questo storico e irripetibile 2011.
A centotrentaquattro giorni dall’inizio dell’anno, la domanda è ancora: chi batterà Novak Djokovic?
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